Ripetizioni di greco a Roma
- GieRRe
- 3 feb 2017
- Tempo di lettura: 3 min

Quando ho iniziato a parlarle ho pensato subito che non dovevo dimenticare di chiederle riferimenti di qualche libro che tratta l’Oracolo di Delfi.
Ma per arrivare a quello siamo partite a ritroso. E per arrivare ai greci siamo partite da noi.
Ci si conosce per quegli incroci della vita per cui ti conosci perché si ha in comune una persona importante.
Ci si conosce per forza di cose in un certo senso. Ci si conosce e si passa da lì.
Non l’ho mai sentita leggere il greco ma una volta una ragazza mi ha letto qualche frase in greco e io ho percepito una grande vertigine per quei simboli che scritti affascinano e letti avvicinano e il fatto che lei lo sappia leggere e scrivere e tradurre mi fa pensare che in qualche modo la sua passione le dia una vertigine.
Ma non abbiamo parlato per niente di tutte queste cose.
Ci siamo messe a parlare dell’insegnamento e di tutti quegli strani meccanismi di fasce, di graduatorie, di tirocini che stremano e stressano il sistema scolastico. Ho pensato che ogni volta che ci vediamo dedichiamo del tempo a questo argomento, ogni volta ci sono novità e spesso mi è capitato di chiederle di rispiegarmi tutto perché per qualche motivo è una di quelle nozioni che non riesco a fare mie e quindi mi sfuggono, un po’ come i significati di certi verbi inglesi.
Vuole fare l’insegnante e io vorrei che facesse l’insegnante.
Abbiamo ricordato.
Andando verso Delfi il viaggio è passato per un tema che parlava alle elementari di un leone che si tuffava in mare e viveva laggiù in una conchiglia tra pesci.
Dagli abissi, ci siamo sedute in barca e come due pescatrici, sedute una di spalle all’altra, ci siamo raccontate la sensazione che si prova quando un uomo o una donna dietro alla cattedra possono cambiarti la vita, la percezione che hai di te.
Lei mi ha raccontato di una sua professoressa che ha scritto alla fine del liceo una lettera a tutti loro, ho immaginato con quanta cura si possa custodire una lettera del genere.
Le ho raccontato di un professore che alle medie mi ha fatto amare il disegno, di quando andavo nel forno di mia nonna per prendere il carboncino e disegnare sulla scrivania bianca per tutto il pomeriggio, mi ha fatto scoprire cosa significa superare un limite.
Mi ha detto di interrogazioni di compagni di classe che a distanza di tempo sono ancora lezioni.
Le ho detto di quando per due anni ho amato la matematica.
Mi ha detto che se diventasse insegnante lei ha un modello a cui ispirarsi.
C’è stato un tema con voto quattro che ha messo in discussione entrambe.
Poi mi ha raccontato di cosa significa essere spronata a migliorare, e anche io l’ho ricordato a entrambe.
Mi ha parlato poi di un giornalino che aveva preparato da presentare alla professoressa. Mi ha fatto ricordare l’impegno dei pomeriggi a studiare, la soddisfazione di elaborare un progetto e seguirlo. Mi ha raccontato che quel giornalino, una volta finito, lo ha lasciato in camera e al ritorno lo ha trovato strappato a metà, pagina per pagina, quei ricordi che si pensano con estrema precisione. Mi ha detto che ancora oggi non ha capito come sia potuto succedere, chi sia stato e perché.
Io ho pensato alla mia maestra delle elementari, a quando venne in classe a trovarci in seconda elementare incinta del suo primo figlio. Io avevo perso gli incisivi. Mi ricordo quando si avvicinò al mio banco e mi fece arrossire solo per la vicinanza.
Ricordare su una barca in direzione Delfi i banchi di scuola, i successi e gli insuccessi è un bell’esercizio.
Andare a scuola è un bell’esercizio.
Prima dell’arrivo abbiamo dovuto sostare a Roma per scaricare il pescato.
Lei è andata a fare ripetizioni di greco.
Io mi sono addormentata con accanto “De divinatione” di Cicerone.
Comments