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Amarsi. Riflessivi propri, reciproci, apparenti.

  • GieRRe
  • 3 nov 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

-are è anche il plurale di una unità di misura pari a cento metri quadrati

-ere è anche il plurale della più ampia unità di misura del tempo

-ire è anche il plurale di una unità di misura della rabbia

I verbi in -are fanno venire voglia: camminare, pensare, andare, tornare, giocare, suonare, intonare, suonare, arzigogolare, passare, frastornare, parlare, ballare, mangiare, dare. Sembrano aperti e pieni d'aria, anche scorreggiare finisce così. Sono verbi da usare come tappeti su cui farsi trasportare, muovono, profumano e puzzano.

I verbi in -ere riportano da qualche parte nel passato, è come svolgerli piegati all'indietro. Fanno sedere, ridere, piangere, tessere, sorridere, gemere, vedere, bere, cedere, insistere, decidere, fremere, correre. Sono malinconici e fanno pensare all'autunno. Fanno il suono della carta quando la accartocci, sono una strada curva, una città fatta di anfratti. Bisogna fermarsi continuamente agli angoli e agli incroci. Sono balconi di palazzi bassi. Hanno in sé il rischio di restare invischiati in profumi, odori, e puzze, gli stessi dei verbi in -are. Quando è tempo di andare, ne esci sempre in qualche modo impregnato, madido, intriso, cotto, spellato, bruciato, bagnato, rotto.

I verbi in -ire sembrano prodotti da una eco, una sorta di spaesamento, un passaggio ripetuto. Rimangono in bocca come se qualcosa li intrappolasse e restasse fermo, irrisolto, come se fosse necessario ripassare, masticare meglio. Per agirli il primo passo è pesante, difficile, per muoversi devi provare un grande desiderio, una grossa causa scatenante. Sono il tratto di una penna con la punta dura che lascia un segno sempre troppo piccolo, a furia di ripassare sulla stessa linea più cerchi di essere preciso e più rischi di rompere il foglio senza essere comunque soddisfatto: digerire, ruggire, arrugginire, dormire, intristire, fuggire, pulire, condire, diluire, gioire, mentire, nutrire, partire, risentire, stordire, stizzire.


Tutto questo per parlare di un verbo riflessivo: “amarsi” è stato il verbo riflessivo che mi ha fatto tirare fuori un vecchio libro di grammatica del secondo anno del liceo perché in questi giorni mi è puzzato tanto il fatto che amarsi tra due persone e amare se stessi si dica allo stesso modo. Non sarei d'accordo ma il libro risponde.

Amare se stessi, “Amarsi” è la forma riflessiva propria.

Amarsi in due è la forma riflessiva reciproca.

Si dice allo stesso modo ma si tratta di forme differenti.

Il libro consiglia, nel secondo caso, di riscrivere la frase in modo differente "X e Y si amano" oppure " Z e TL si amano l'un l'altro".

E così non è che sia proprio proprio tutta questa bellezza, si perde la poesia.


Proposta.

Una cosa alla volta: forma riflessiva propria prima e poi quella reciproca, sottolineo reciproca!


Per la cronaca c’è anche il riflessivo apparente, non ditemi che non ve l’avevo detto.


 
 
 

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